Pillole di SpiritualiTà
La tua preghiera è un discorso con Dio; quando leggi, Dio parla con te; quando preghi, tu parli con Dio. (Sant'Agostino)
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Povertà amata e vissuta
Sor.Camilla Pusterla
“Predica il Vangelo in ogni momento. Se necessario, usa le parole”. Con questa breve e semplice esortazione, San Francesco d’Assisi invitava i suoi figli ad essere un Vangelo vivente, cosa che seppe fare Padre Faustino Ghilardi, frate francescano del secolo scorso.
Padre Faustino Ghilardi, al secolo Guglielmo Giacomo Ghilardi, nacque nel paese di Pieve a Nevole, in provincia di Pistoia, il 6 maggio 1858. Fin da piccolo, egli desiderava potersi consacrare al Signore e divenire religioso missionario per la salvezza delle anime. Perciò, ad appena quindici anni, entrò come aspirante nel convento francescano di Giaccherino. L’8 agosto 1876 fece la Professione Religiosa e, successivamente, il 18 settembre 1880 fu ordinato sacerdote a Siena. Trascorse i suoi primi anni di vita religiosa a San Romano Valdarno (Pisa), per poi spostarsi nel convento di San Vivaldo, diocesi di Volterra. Qui visse per ben 44 anni, dal 1883 al 1897 e, successivamente, dal 1907 al 25 ottobre 1937, giorno della sua nascita in Cielo.
Durante la sua vita religiosa, Padre Faustino fu docente e maestro dei novizi e si dedicò allo studio, alla ricerca e alla pubblicazione di articoli e di molti libri. Essi trattano per lo più temi di spiritualità francescana e sono molte le pubblicazioni riguardanti la storia del convento di San Vivaldo di Montaione e la vita dello stesso San Vivaldo.
Essendo morto in concetto di santità, nel 1963 venne aperto un processo diocesano per la raccolta delle testimonianze sulla sua vita. Tra le virtù che il frate toscano visse in modo eroico, spicca la povertà. Profondamente innamorato del suo Carisma francescano, Padre Faustino ricercò la povertà in tutti i suoi aspetti. Egli fuggiva ogni spreco e si accontentava di ciò che per altri non contava nulla. In un articolo preparato per il suo Processo Ordinario Informativo sulla sua fama di santità si legge: “Lo spirito di povertà francescana di cui il Servo di Dio rifulse sempre, fu ad esempio, lo sfruttare ogni ritaglio di carta per le proprie annotazioni. Lo scrivere alla finestra per sfruttare le ultime luci solari, il dormire in un letto semplice di foglie, nell'uso degli abiti usati, nel raccogliere oggetti e cose che altri disperdevano, dicendo e ripetendo: "La roba che si sciupa, la piglia il diavolo. Chi ama Dio niente trascura". E questo non per tirchieria, ma per spirito di povertà”. (Art.137)
Anche riguardo la cura di sé, fuggiva ogni ricercatezza e preferiva abiti smessi, pur curando sempre l’ordine e la pulizia. In un altro articolo del Processo si legge infatti: “Sia in convento che fuori, amava abiti semplici, rattoppati, pure curandone la pulizia. “A che, un abito nuovo, su questo povero somarello del mio corpo, ormai vecchio e vicino alla tomba?", era solito dire.” (Art.138)
La ricerca di una povertà esteriore rispecchia senza dubbio una povertà interiore, una povertà vissuta intimamente nel cuore. “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei Cieli” disse Gesù (Mt 5,3). E così fu davvero per Padre Faustino. Egli trovò la gioia piena, quella “perfetta letizia” di cui parla il serafico San Francesco, in una vita distaccata da tutto ciò che poteva distoglierlo dalla sua unica vera ricchezza: l’Amore di Dio. Così la preghiera era divenuta il centro della sua vita. Nel silenzio si intratteneva con Dio, tanto che Padre L. Malfatti scrisse: “P. Faustino Ghilardi, uomo tanto semplice e pio quanto colto. Fu a tutti esempio e guida di virtù francescane. Chi scrive ha sentito colle proprie orecchie il popolo di Pisa chiamarlo santo, al solo vederlo incedere, per le vie della città, con la corona fra le mani, raccolto, modesto, da ispirare in tutti un sentimento di rispetto e di venerazione.” (“Compendio della vita di S. Cerbone vescovo di Populonia”)
La vita di preghiera non lo portava ad isolarsi da tutto ciò che accadeva intorno a lui, ma, al contrario, egli se ne faceva carico, per portare tutto a Dio, intercedendo a favore degli uomini. A prova di ciò vi è un episodio descritto dallo stesso Padre Faustino. Egli racconta che vicino al convento di San Vivaldo abitava una signora, Sestilia Giglioli, la quale soffriva molto a causa di dolori di sciatica. Nessuna cura medica sembrava funzionasse e la povera donna faticava a muoversi, camminava a stento. Così ella chiese consiglio a Padre Faustino, il quale la invitò a chiedere la grazia della guarigione al servo di Dio Fr. Giuseppino Giraldi dei Frati Minori, morto in concetto di santità il 9 maggio 1889. La sera, prima di addormentarsi, la donna pregò alcuni Pater in onore di Fr. Giuseppino. Ed ecco che, non appena si addormentò, il Servo di Dio le apparve in sogno e le disse: “So che tu mi chiedi la grazia di essere guarita dai tuoi dolori. Ma sappi che la grazia non sono io che la faccio, ma è solo Dio che ti fa la grazia di guarirti. Pertanto se vuoi questa grazia, purifica l’anima tua con una buona e santa confessione. Ciò fatto, ricevilo nella santa comunione; ed io ti prometto che il Signore ti farà la grazia”. La mattina seguente, Sestilia si recò immediatamente da Padre Faustino e, dopo essersi confessata e aver ricevuto il Corpo di Gesù nella Santa Comunione, si trovò inspiegabilmente guarita. Il fatto fu testimoniato da Padre Faustino, il quale aggiunse: “E nel racconto di questo fatto non si intende già di prevenire il giudizio della santa madre chiesa, ma di riferire semplicemente, umanamente e con tutta veracità la cosa successa”.
Padre Faustino, facendo propri i bisogni e le sofferenze altrui, ha saputo mostrare il Volto di Cristo a coloro che lo incontravano, attraverso una vita di povertà evangelicamente vissuta nel dono si sé, memore dell’insegnamento di Gesù: “Gratuitamente avete ricevuto, e gratuitamente date” (Mt10,8).
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