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Il piccolo consolatore

La spiritualità di San Francesco Marto

di p. Gianvito Prinzivalli icms

Francesco Marto, quando apparve la Madonna a Fatima, aveva soltanto 8 anni e, diversamente da Lucia, che vedeva, sentiva e parlava, e da Giacinta che vedeva e sentiva, lui non sentiva, nè parlava, ma vedeva soltanto.

Nella sua vita si opera una vera e propria trasformazione interiore, dopo l’incontro con le apparizioni celesti, e che si potrebbe dire radicale, una trasformazione sicuramente non comune per bambini della sua età. Egli si impegna in una intensa vita spirituale, di silenzio, di nascondimento e di adorazione a Gesù Eucarestia. Desiderava spesse volte stare da solo, ma la sua solitudine acquistava ora un significato più profondo: voler stare con Gesù per adorarlo e fargli compagnia.

Con le apparizioni dell’Angelo prima e della Madonna poi, il piccolo pastorello gradualmente accoglie in sé il dono della contemplazione per le “cose” di Dio.

Ciò che lo aveva impressionato e assorbito, era il riflesso di quella luce immensa che la Madonna comunicava ai pastorelli, quando apriva le mani, e nella quale si vedevano come immersi in Dio. Di questa esperienza mistica, così parlava sia a Lucia che a Giacinta: “Noi stavamo ardendo in quella luce che è Dio, ma non ci bruciavamo! Come è Dio! Non si può dirlo! Questo sì che noi non lo potremo mai dire!”. Quindi Francesco vede la grandezza della maestà di Dio, ma nello stesso tempo percepisce che Gesù è triste a causa dei peccati degli uomini ingrati che lo offendono. Da qui nasce il suo eroico impegno di consolare Gesù, stando con Gesù, per applicare l’invito che l’Angelo nella terza apparizione (Autunno 1916) consegnò agli stessi Pastorelli: “Prendete e bevete il Corpo e il Sangue di Gesù. Riparate i loro crimini e consolate il vostro Dio”.

Questo “stare” di Francesco in compagnia di Gesù Nascosto, era unito all’impegno di consolare lo stesso Gesù, che è offeso dai peccati e nello stesso tempo unito all’impegno di non peccare, poiché aveva compreso che la causa della tristezza di Dio erano i peccati che conducono le anime all’Inferno. Francesco visse la spiritualità della “consolazione”, perché nel suo cuore era vivo il desiderio di amare Gesù e quindi consolare il Cuore di Gesù offeso dai peccati degli uomini ingrati.

È dall’Eucarestia che il piccolo Francesco si sentiva fortemente attirato e, in modo del tutto speciale, il suo cuore si era infiammato d’amore per “Gesù nascosto”, come lo chiamava lui, infatti voleva rimanere molto tempo in chiesa a fare compagnia proprio a “Gesù nascosto”, e forse mai capiremmo quanto fu grande la sua intimità con Gesù, vivo e vero presente sacramentalmente nell’Eucarestia. Francesco c’insegna che amare significa fare proprio il dolore dell’altro, compatirlo, nel senso letterale del termine: avere un unico sentire con Lui.

È significativo riportare un episodio: Francesco qualche giorno prima di morire (probabilmente era la vigilia), si confessò per poi fare la sua prima comunione; dopo aver ricevuto Gesù nella sua anima, Francesco affermò, parlando con la sua sorellina: “Oggi sono più felice di te, perché ho Gesù nascosto nel mio cuore!”

Francesco morì il 4 Aprile 1919, e “morì sorridendo”, secondo le parole di suo padre.

Nel piccolo S. Francesco Marto, allora, siamo chiamati tutti noi a sceglierci la parte migliore e cioè quella di voler “stare” con Gesù Eucarestia in adorazione per amarlo e consolarlo e collaborare con Gesù perché i “poveri peccatori” si possano convertire e giungere alla salvezza eterna, che è il Paradiso.

 

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